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"Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo"
Leo Buscaglia
Non insisteremo mai abbastanza sull’onnipresenza dell’aspetto ”interculturale” nel mondo odierno: le persone si spostano, espatriano per lavoro e si confrontano spesso con altre culture, dal vivo o nell’ambito di team virtuali. D’altronde, ognuno è “composto” da vari “elementi culturali”, cosi che la dimensione interculturale appare non appena uno interagisce con un’altra persona. Perché la cultura, oltre che nazionale, è anche locale, aziendale, professionale, di team…familiare. E spesso l’individuo è inconsapevole di gran parte di queste dimensioni. Non gestita o mal gestita la cultura può portare a malintesi, tensioni e conflitti. Presa in considerazione in modo costruttivo la diversità culturale può apportare un “mondo” di benefici e risultati che vanno oltre le aspettative.
Metodo
Il coaching interculturale parte da un questionario che rivela alla persona il suo “profilo culturale”, indagando in 17 dimensioni divise in 7 categorie. Questo questionario, detto “Modello degli Orientamenti Culturali” (o COF in inglese), è stato sviluppato da Philippe Rosinski, pioniere del coaching interculturale e nostro partner.
Incontri culturali:
Sulla base dei risultati ottenuti, il coaching interculturale lavora (sempre con domande e feedback) su delle situazioni concrete e i dati specifici della persona, del team o dell’azienda coinvolte. Ci possono essere incontri di:
Benefici:
Il beneficio principale è lo sfruttamento delle differenze e specificità presenti, grazie ad una “sintesi creativa”, frutto dei reciproci vantaggi (e quindi diversa da un semplice compromesso, in cui ognuno rinuncia a qualcosa).
Importante e fondamentale quindi:
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